“Sicuramente ci sono stati dei miglioramenti rispetto al periodo di Assad, ma non so quanto ancora vogliamo fare paragoni con il regime che era il male assoluto”, dice Fadel Abdulghany, direttore del Syrian Network for Human Rights (SNHR), altra organizzazione indipendente che dal 2011 si occupa di documentare la violazione dei diritti umani nel Paese. “Per 15 anni abbiamo lavorato in Siria dall’interno e dall’estero con alcuni dei nostri membri in fuga dal regime. Abbiamo pubblicato centinaia di report e inchieste sulla situazione dei diritti umani in Siria prima della caduta di Assad e anche dopo”, spiega Abdulghany sperando in una transizione democratica. Il nuovo governo di transizione guidato da Ahmad al-Sharaa, ex esponente dell’organizzazione estremista islamica Hayat Tahrir al-Sham, precedentemente affiliata ad al-Qaeda, è il primo ad essere stato accolto all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dopo quasi sessant’anni, ma in casa fatica a tenere tutto sotto il suo controllo. A seguito della caduta del regime, a giugno il SNHR ha annunciato l’apertura della prima sede a Damasco. In questi anni i membri dell’organizzazione sono stati presi di mira da diverse parti e gruppi armati e hanno vissuto direttamente la repressione del regime di Assad attraverso i suoi metodi, subendo minacce, arresti arbitrari e rapimenti. “Tre dei nostri colleghi rimangono tuttora scomparsi”, continua. Adesso c’è spazio di critica: “Nessuno ci ha accusati o minacciati. Il nostro personale riesce a condurre visite e ad operare anche se abbiamo criticato il governo diverse volte”, precisa. “E’ un buon segno”.






